L’ora del tè a Bologna: quando l’Inghilterra incontra i portici

Tra le torri pendenti e i profumi di ragù, si insinua un rituale che pare uscito da un’altra epoca, da un altro Paese: l’ora del tè. A Bologna, cuore rosso dell’Emilia, patria di tortellini e lambrusco, l’elegante tradizione britannica dell’afternoon tea trova spazio in sale ovattate, cortili nascosti e caffè con porcellane d’altri tempi. Una moda? Forse. Un bisogno? Probabilmente sì, in un mondo che corre e fatica a fermarsi, perfino per sorseggiare una tazza fumante.

Non si tratta, però, di una semplice tendenza effimera. A osservare il fenomeno con la lente dell’obiettività, si scopre che il tè a Bologna è diventato un vero e proprio microcosmo culturale, in cui il gusto per l’eleganza anglosassone si fonde con l’irrinunciabile senso dell’accoglienza emiliana. Niente imitazioni grossolane o goffe riproduzioni: chi propone il tè delle cinque sotto le Due Torri lo fa con rigore, ma anche con un tocco tutto bolognese.

Uno dei luoghi simbolo di questa rinascita è senza dubbio “La Tisaneria dei Portici”, un locale che potrebbe tranquillamente trovarsi a Mayfair, se non fosse per i mattoni rossi all’esterno e l’odore di crescenta proveniente dalla cucina vicina. Lì, tra tazze in bone china, tovaglie in lino e una selezione di miscele dal Darjeeling al Lapsang Souchong, si svolge quotidianamente una piccola cerimonia del tè, con tanto di scones, lemon curd e finger sandwiches. I clienti? Un pubblico misto: studenti curiosi, expat inglesi con un lieve accento oxfordiano, signore bolognesi che hanno scoperto il piacere di sorseggiare un Earl Grey al posto del solito macchiato.

Il fenomeno non si limita ai caffè: alcune librerie indipendenti, come la raffinata “Libreria Cooperativa”, hanno avviato incontri pomeridiani in cui il tè è protagonista, accompagnato da letture in lingua originale e musica da camera. In certi casi, l’esperienza sfiora il teatrale: cameriere in divisa vittoriana, menù stagionali, richiami alla poesia di Tennyson o alle lettere di Virginia Woolf. Eppure, dietro la forma, si nasconde sostanza: attenzione per la qualità delle foglie, per la corretta infusione, per la temperatura dell’acqua.

Alcuni puristi storcono il naso. “In Italia si beve caffè, non tè”, si sente dire da chi vede in queste esperienze una deriva snob. Ma c’è chi risponde, con gentile fermezza, che l’ora del tè è semplicemente una parentesi di civiltà, un invito alla lentezza, un modo per riscoprire il piacere della conversazione. E non è forse questo uno dei grandi patrimoni comuni tra Inghilterra e Italia?

Che sia moda passeggera o rito destinato a radicarsi, l’ora del tè a Bologna è oggi una realtà affascinante e ben viva. Con il suono delle tazze che tintinnano tra i colonnati, sembra quasi di sentire un brindisi muto fra mondi lontani. Un incontro delicato, aromatico, assolutamente british — eppure sorprendentemente bolognese.