Scacchi e tortellini: il Re è bolognese

A Bologna, si sa, la passione per il cibo è una religione. Ma accanto a sfogline e tagliatelle, c’è un’altra arte che da tempo ha conquistato il cuore dei felsinei: il gioco degli scacchi. In apparenza distante dal chiasso dei portici e dall’allegra convivialità delle osterie, il nobile gioco ha trovato nella città delle Due Torri un terreno fertile, dando vita a una comunità vivace e sorprendentemente popolare.

Passeggiando per piazza Santo Stefano o per i Giardini Margherita in un pomeriggio primaverile, non è raro imbattersi in piccoli gruppi di appassionati riuniti attorno a una scacchiera portatile. Giovani e anziani, studenti fuori sede e vecchi professori in pensione, tutti uniti dal silenzioso rituale delle 64 caselle. Un fenomeno che ha poco a che vedere con l’élite intellettuale di un tempo: oggi gli scacchi a Bologna sono democratici, partecipativi e decisamente urbani.

L’interesse per gli scacchi in città ha conosciuto un vero e proprio boom negli ultimi anni. Complici i lockdown, le serie TV come “La regina degli scacchi” e l’effetto virale dei tornei online, il gioco è tornato alla ribalta anche sotto le Due Torri. I circoli storici, come il Club Scacchi Bologna fondato nel 1919, hanno visto crescere le iscrizioni in modo esponenziale, mentre sono nati nuovi gruppi informali che organizzano incontri nei bar, nelle biblioteche o nei coworking.

Ma cosa affascina tanto i bolognesi degli scacchi? “È come fare una partita a carte con la mente”, spiega Marco, 38 anni, architetto e membro di un gruppo di appassionati che si incontra ogni giovedì sera in una libreria del centro. “Non si vince con la forza, ma con la strategia. E poi è un antidoto perfetto contro lo stress quotidiano”. Anche Anna, studentessa di Lettere, conferma: “Giocare a scacchi mi aiuta a concentrarmi, mi dà disciplina. E spesso si finisce per fare amicizia con persone molto diverse da te. È un gioco che unisce”.

Il legame tra Bologna e gli scacchi, però, affonda le radici nel passato. Già nel XV secolo, l’Università ospitava tornei tra studenti e docenti, mentre nel Settecento alcuni salotti nobiliari della città organizzavano sfide con maestri itineranti. Oggi questa tradizione si rinnova in forme moderne: tornei lampo nei centri sociali, scacchi giganti durante le fiere di quartiere, laboratori scolastici per i bambini delle elementari.

C’è anche chi sogna in grande: proporre Bologna come sede di una tappa del circuito internazionale di scacchi. “Abbiamo la storia, la passione e l’ospitalità”, dice con orgoglio il presidente di un’associazione cittadina. “Manca solo un po’ più di sostegno dalle istituzioni”.

Nel frattempo, tra una mossa e l’altra, i bolognesi continuano a riscoprire il piacere del pensiero lento, della sfida silenziosa e dell’eleganza di un gioco antico. Perché in fondo, anche negli scacchi come nella vita, l’importante è sapersi muovere con gusto. E a Bologna, di gusto, ne sanno qualcosa.